A wannabe rockstar

Nei miei sogni c’è sempre stato quello di fare la tour manager dei Duran Duran, lo sapete.
Ma credo che mi sarebbe piaciuto molto anche fare la rockstar.

Amo la musica. Tutta, tranne – lo confesso – la latino-americana: alla terza bachata mi viene il ballo di San Vito.
Amo la musica. Mi entra nel sangue e mi fa venire voglia di muovere ogni singola fibra del mio corpo, anche le unghie dei mignoli dei piedi.

Sento il ritmo pulsare nelle vene, selvaggio.
Sulla pista mi chiamano “La Tarantolata“. Meglio dire mi chiamavano, perché in effetti è da molto che non scendo su una pista seria. Il tempo passa.

Amo tutti gli strumenti musicali, magari il triangolo no (in nessuna circostanza): il sax, il violino, il clarinetto, la chitarra elettrica, quella acustica, l’oboe, i bonghi, le percussioni.
Ma più di tutti, il basso.

Io parlo da sola

Come da titolo, io parlo da sola. Lo faccio spesso, spessissimo, sempre.

Me la canto e me la suono“. È la mia valvola di sfogo. 

Le parole che non ho (quasi mai) detto

Avevo scritto e pubblicato questo post la prima volta il 22 febbraio 2019.

A distanza di più di un anno lo ripropongo perché alla lista delle parole che non ho (quasi mai) detto (vedi sotto)  se ne sono nel frattempo aggiunte altre due o tre che mi rendono la vita difficile. Quindi questo è un aggiornamento.

Mestieri passatempo

“Ciaoooo, scusa se rompo, ma per caso hai avuto modo di leggere quella mail che ti ho inviato qualche giorno fa? Avrei bisogno di chiudere l’articolo”.
“Ah, no, figÜÜÜÜÜÜÜÜÜÜÜÜÜrati! Non immagini quante email ho ricevuto! Leggo dopo se riesco e ti dico!”

“Ciaooooo, hai visto la mia richiesta?”
Ahhhhhhh, noooooooo, ma quando?!?”
“L’ho mandata una settimana fa e poi ancora ieri”
“Ho dovuto lavorare, non ho visto niente, ma ti prometto che appena posso…”

“Ciao, ti va di partecipare all’iniziativa che sta per partire?”
“Quale?”
“Quella della mail di tre settimane fa, l’ho rimandata l’altro ieri”
Seeeeeeeeeee! Sono sommerso di lavoro”.

Un mo-men-to.

A mezzofondo da una vita

Avrò avuto 12 anni, seconda media. Maggio. Giardino lussureggiante dell’Istituto Maria Immacolata,  profumo voluttuoso di rose nell’aria.
Ora di educazione fisica, atletica leggera, prove di velocità e mezzofondo su ghiaia.
Batteria dopo batteria risultò che ero la più veloce, ma anche la più resistente: decisero di farmi gareggiare all’Arena di Milano – qualcosa di simile ai Giochi della Gioventù, credo – per il mezzofondo, che alla velocità ci avrebbero mandato Alessandra, anche lei veloce, ma non quanto me; d’altra parte, due gare non potevo sostenerle.

Quella mattina sono arrivata all’Arena senza essermi allenata prima come si richiede ad un vero atleta, perché i miei lavoravano e non avevano tempo di portarmi al parco a correre.

Ai blocchi di partenza: 3, 2, 1.. pam!

Questo articolo si doveva intitolare “Smart working is the new black”

Avrei voluto intitolare questo pensiero “Smart working is the new black”, titolo che ho letto sulle pagine di Millionaire rimanendone folgorata, ma mi sarebbe sembrata una scopiazzata troppo plateale e quindi ho lasciato perdere. Però è il titolo che avrei scelto e fatto mio!

Perché in effetti è così vero: oggi “siamo tutti smart worker” e  smart working è la parola più di tendenza del momento, sulla bocca di tutti.

(S)propositi di buon compleanno

Sono nata a settembre, il mese dei buoni propositi per definizione.
In effetti, sono diverse le testimonianze che confermano quanto sia proprio settembre, e non gennaio, il mese che per una buona percentuale di persone rappresenta l’inizio di un nuovo anno.

Sono nata il 4 settembre, era sabato, di prima mattina (verso le 8.20).
Quindi oggi è il mio compleanno.
Quindi oggi dovrei fare la lista di buoni propositi.
Solo che io con i buoni propositi proprio non vado d’accordo, sono un vuoto a perdere, i miei buoni propositi: direi che sono più spropositi, in effetti.

Buona Pasqua, in attesa della giusta ispirazione

A me sinceramente della Pasqua non importa granché. Non la sento come sta gran festa, ma tant’è.

E se della festa non mi importa molto, figuriamoci se mi importa scriverci su un pezzo.
Non avrei molto da dire. Ma d’altra parte, è un periodo un po’ così. Non ho molto da dire in generale.

2 anni di Jordan

Penso che a breve dovrò cambiare il mio profilo LinkedIN, modificando la qualifica attuale di “PR & Corporate Communications Manager”, in un più altisonante e calzante “PR & Personal Assistant di Jordan El Galgo Dica Conte di Bollate”.

Dal 28 ottobre di due anni fa a questa parte, in effetti, sono diventata a tutti gli effetti non solo la mamy ma anche la personal manager del nostro Jordan.
La data di inizio del mio nuovo mestiere non è per nulla casuale: è stato proprio il 28 ottobre (San Simone) il giorno in cui Jordan ha messo zampa in casa nostra, entrandoci con la leggerezza e l’eleganza che solo un levriero possiede.

Oggi, quindi, è il suo secondo #GotchaDay!

12 settembre

Quattro anni fa oggi, più o meno a quest’ora, perdevo lo status  di “signorina”.
Un po’ per sopraggiunti limiti di età, ma soprattutto perché da lì a poco avrei assunto lo status di “sposina”; o meglio, proprio per i già citati limiti di età, “sposecchia“.

Il 12 settembre 2014, di venerdì, infatti, diventavamo marito e moglie.