“Ehi sista, con i tuoi corsi sempre di corsa, ma dove vai?”

Così cantavano i nostri amici, la Famiglia, in un video bellissimo, un regalo di nozze davvero molto gradito.
Sì, perché tutti hanno sempre avuto l’idea che io sia una che sempre dietro a fare qualcosa, un corso di qualsiasi tipo, pur di non star ferma.
Corsi che sono (stati) soccorsi. Per colmare vuoti? Forse.

In effetti, ne ho fatti tanti, sia sportivi che, soprattutto, di formazione.

Ho cominciato da piccola con la ginnastica artistica, un anno scarso. Poi il mini basket, durato come un gatto in tangenziale.
Alle medie per un mese o poco più ho “rischiato” di darmi all’atletica. All’ippica per fortuna mai, ma sono sempre in tempo.
In adolescenza ho persino militato nella squadra di calcetto femminile del paese dove abitavo all’epoca.
Oddio, dire che ho giocato è esagerato. Mi ci hanno tirato dentro non so come, non ricordo. Ricordo però che non mi piaceva e infatti mi allenavo una volta sì, dieci no. Non mi piaceva, perché avevo paura di farmi male e perché temevo mi venissero i polpaccioni.
Sono seguite varie danze, sempre da adolescente. Poi mi sono fermata. Per lungo tempo, nulla. Avevo altri pensieri per la testa.

Negli ultimi anni, per illudermi di essere ancora “Ciovane“, ho ripreso a saltellare sulle punte e i tacchi.
Soprattutto da quando ho scoperto la Scuola che frequento, quando riesco a vincere la pigrizia o non sono strapresa da altre cose, la Lo.Ve, dove ho conosciuto Veronica e le splendide Ladies, o come le chiamo io le Dancing Queens, con cui ho ricominciato a gustare il senso di appartenenza e condivisione di passione e fatica.

Ma al di là dello sport, ho cercato, quando ho potuto, di imparare.
Non mi posso definire ambiziosa, nel senso più comune del termine. Non sono pronta a prevalicare gli altri ad ogni costo, non ce la faccio. E se anche l’avessi mai fatto in vita mia, cosa che non credo ma potrebbe essere capitato, è successo senza che me ne sia accorta.
Ho però l’ambizione di essere riconosciuta brava in qualcosa.

Si dice che non si dovrebbe mai dipendere dal giudizio degli altri: fosse facile! Ma soprattutto, fosse possibile: viviamo tutta la nostra esistenza venendo giudicati, a cominciare dai voti a scuola, quindi di che parliamo?
Veniamo giudicati ogni giorno, in ogni momento, dal lavoro alla vita privata. E dai giudizi degli altri, più o meno autorevoli, dipendiamo!
Non sto dicendo che sia un male e neanche un bene. Si tratta di un dato di fatto. C’est la vie!
Quindi diventare brava vuol dire tutto e nulla. Chi lo dice che sono brava a fare qualcosa, se tutto dipende dal giudizio di altri?
Non lo so, sono riflessioni così, a caso.

Per questo, se posso e quando posso, se trovo un percorso che mi interessa, mi ci butto.
Poi, ovvio, devo combattere contro il logorio dei tempi moderni, le finanze che non bastano mai, la stanchezza delle giornate, il tempo che passa e che mi rende meno resistente: “ma alla fine, chi te lo fa fare? ne vale la pena?”.
Già, perché in effetti, corsi su corsi, sempre di corsa e alla fine? Dove vado? Non ho più 20 anni, quello che dovevo fare, in gran parte, l’ho fatto. Basta, no?
No, non lo so, non lo so se basta.

Ma c’è sempre quel tarlo che ricorre. Un corso come soccorso.

Così, in questi mesi sto riflettendo sull’opportunità o meno di iscrivermi di nuovo all’università.
Ho una triennale in mediazione linguistica. E mi è costata fatica. Solo, ora mi sento che vorrei qualcosa di più e non mi dispiacerebbe fare la magistrale. Non mi servirebbe a nulla, nella pratica, ma mi piacerebbe.
Ovviamente, lavorando a tempo pieno, sto pensando ad una facoltà telematica: ad un corso in presenza, per quanto sia la modalità che preferisco, non ce la farei.

L’offerta è ampia e sembrano tutte più o meno valide.
Ultimamente mi è preso il pallino della laurea in storia, ma è una chimera, dovrei ricominciare da zero e diventerei una mummia, nel frattempo. Anche perché a me la storia delle date non interessa. Però ho sempre avuto la curiosità di sapere come vivevano “al tempo di…” (uno dei libri che più ho letto con piacere e che vorrei rileggere è Vita nel Medioevo, epoca, quella del Medioevo, che ringrazio tutti i santi di non aver vissuto, ma che dall’altra parte mi incuriosisce molto).

Comunque sia, non sarà storia; sto pensando a qualcosa che abbia a che fare con la comunicazione o alle lingue, che è (o dovrebbe essere) il mio pane quotidiano.

E allora chiedo “soccorso” e consiglio a voi, cari sparuti lettori di questo blog: c’è qualcuno che ha avuto esperienza in questo senso, che abbia frequentato un corso universitario telematico e abbia voglia di darmi consigli o sconsigli?
Come vi siete trovati? So che costa fatica, ma vorrei avere consigli anche su quali istituti sono più validi o meno. Sono tutta orecchie!
Non consigliatemi di fare un master: esperienza già fatta, bellissima, ma sento che mi manca un pezzo e quel pezzo forse è proprio la laurea “lunga”.

Lo so, qualcuno penserà che sarebbe una perdita di tempo. Ha ragione.
Che non mi servirebbe a nulla: avrebbe ancora più ragione.
Che, se va tutto bene, finirei praticamente alla soglia della pensione. Ragionissimo.
Ma non so, mi sono messa in mente questa cosa e così, magari, questa volta è la volta buona; devo battere il ferro finché è caldo, prima che la mia vera natura di procrastinatrice seriale prenda il sopravvento, che se no poi ciao.

La vita di tutti i giorni è sempre già pienissima, ma si tratta solo di soddisfazione personale.
Un altro vuoto da colmare? Forse, ma non so.

Corsi. Ricorsi. Soccorsi.

 

 

“So, what are the chances?
We’ll never know
If we take it for granted
A diamond explodes
What are the chances?
Playing with your life or is it destiny
Which sets you on a path?
Is it out of choice that you’re here next to me
Or just the aftermath
Of moments as they pass”
( Duran Duran, What are the chances?)