Nei miei sogni c’è sempre stato quello di fare la tour manager dei Duran Duran, lo sapete.
Ma credo che mi sarebbe piaciuto molto anche fare la rockstar.
Amo la musica. Tutta, tranne – lo confesso – la latino-americana: alla terza bachata mi viene il ballo di San Vito.
Amo la musica. Mi entra nel sangue e mi fa venire voglia di muovere ogni singola fibra del mio corpo, anche le unghie dei mignoli dei piedi.
Sento il ritmo pulsare nelle vene, selvaggio.
Sulla pista mi chiamano “La Tarantolata“. Meglio dire mi chiamavano, perché in effetti è da molto che non scendo su una pista seria. Il tempo passa.
Amo tutti gli strumenti musicali, magari il triangolo no (in nessuna circostanza): il sax, il violino, il clarinetto, la chitarra elettrica, quella acustica, l’oboe, i bonghi, le percussioni.
Ma più di tutti, il basso.
Mi “intrippa”, lo trovo ipnotico e super sexy. Proprio come, guarda caso, John Taylor, altrimenti detto The Bass God e non a caso. Non lo chiamo così io, è la musica che parla.
Io invece, pur avendo un buon orecchio e senso del ritmo, non so suonare.
Neanche una nota, neanche per sbaglio. Tuttavia, se mai un giorno dovessi decidermi ad imparare a strimpellare uno strumento, sceglierei proprio il basso.
Da ragazzina, alle medie, Suor Margherita ha cercato di farmi imparare a suonare il flauto dolce.
All’epoca ero troppo sciocca e ho lasciato perdere. Però, diciamolo, il flauto dolce sta gran figata non è.
Da bambina, durante le vacanze estive a Cepagatti, ho provato a strimpellare sul pianoforte a muro di famiglia, arrivato dall’America con il vecchio nonno Dionino, sarto emigrato a Philadelphia tanti anni prima. Un pianoforte nero bellissimo, con tasti in ebano e avorio, ugualmente bellissimi. Per aiutarmi a riconoscere le note, ho pensato bene di scriverle a biro blu su ogni singolo tasto avorio.
Due minuti dopo aver compiuto l’opera, ho realizzato che “forse” a casa non avrebbero gradito e che rischiavo anzi lo scatenarsi dell’ira funesta di mio padre. Così, ho provato furiosamente a cancellare di nascosto l’inchiostro blu con – nell’ordine – saliva; acqua e sapone; alcool; acqua ossigenata.
Alla fine, strofina e strofina, è venuto via quasi tutto senza rovinare nulla e sembra che nessuno se ne sia mai accorto, tranne mio fratello. Pericolo scampato. Tuttavia, ancora oggi, a distanza di anni, ogni tanto un “DO” o un “MI” cercano di emergere.
Comunque, la musica mi piace da impazzire.
E sebbene timida (anche se molti che mi hanno conosciuto ormai adulta ancora non ci credono, che io sia timidissima), il palcoscenico mi attira da matti e credo sarei stata un’ottima rockstar!
Deve essere una cosa speciale, esibirsi davanti a migliaia di persone. La musica, poi, aiuta ad abbattere le barriere e a vincere le insicurezze.
Me ne accorgo già solo io, nel mio piccolissimo, quando cammino per la strada con la musica nelle orecchie e la mascherina davanti alla bocca, così anche se canto in mute nessuno lo nota.
Se un brano mi piace particolarmente, se lo sento mio, allora mi viene automatico raddrizzare le spalle (di solito invece cammino abbastanza curva, un retaggio dell’adolescenza, forse, per nascondere i “balconi fioriti” che madre natura ha voluto regalarmi e che tanto mi hanno imbarazzata da ragazzina. Ora non più) e cominciare a camminare seguendo il ritmo.
Mi sento invincibile, divento sfrontata anche nello sguardo, credo. Di fatto, penso che potrei mangiarmi il mondo.
Se fa quell’effetto lì quando esce dalle cuffie, figurarsi dal vivo.
La musica dal vivo, secondo me, è bella tutta (persino, incredibilmente, la già citata latino-americana).
Poi se ti piace particolarmente l’artista che la esegue, tombola! Diventa un’esperienza incredibile.
Quando senti il ritmo dei bassi e delle percussioni che ti entra lo stomaco e ci rimbomba dentro. Una cassa di risonanza pazzesca. Un brivido, una scarica di adrenalina incontenibile. Parte da lì e prende ogni fibra.
Essere una rockstar deve essere un’esperienza fantastica.
Se sia vero, un giorno lo scoprirò nella famosa chiacchierata che spero di fare prima o poi con il mitico Simon Le Bon.
Intanto, per cominciare ad essere degna dell’altrettanto mitico Bass God, qualche anno fa mi sono fatta il ciuffo biondo come lo portava lui negli anni 80 (ora il ciuffo biondo non c’è più, ma fa niente).
Poi, per imparare a suonare il basso, si vedrà.
A rock-n-roll star
He turns on the animal
It’s that time of day
Here comes little Johnny
From the back streets of the UK
He’s got the answer
Doesn’t go away
Who’s gonna treat you right
Who’s gonna change the world tonight…tonightThe lasting first impression
Is what you’re looking for
I said oh, is that your first impression
And is that good enough for you?
(First Impressions -Duran Duran)
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